Roma, una
mostra al Palazzo delle esposizioni
racconta 40 anni di successi, flop e colpi di genio
Colori, suoni, adrenalina
ecco la storia dei videogiochi
Si intitola "Play", raccoglie console e materiale raro
E si possono provare le macchine di ultima generazione
di DARIO OLIVERO
ROMA - Ci sono alcune
parole evocative che danno subito l'idea del tipo di mostra che apre domani al
Palazzo delle esposizioni di Roma. Brillano in grigio su tanti schermi neri e
colorati disposti nei corridoi. Sono: "Player one ready",
"Score", "High Score", "Bonus". E la più
evocativa: "Game over". Parole che accendono una lampadina a tutti:
ragazzini, genitori trentenni e quarantenni di ragazzini, genitori di trentenni
e quarantenni che un tempo dovettero affrontare la passione dei figli allora
ragazzini. Tutti, chi più chi meno, sono costretti a entrare nel vivo di Play,
il mondo dei videogiochi. La mostra, che dura fino al 10 luglio è unica in
Italia nel suo genere. C'è qualche cosa di simile, esposizioni permanenti, in
California o in Giappone, ma da noi probabilmente non si era mai visto un tale
lavoro di raccolta e allestimento dedicato a questo argomento.
Sono 1.300 metri quadrati di esposizione, 300 videogiochi (tra disegni,
immagini, filmati, sequenze di gioco, storyboard, spot pubblicitari di tutto il
mondo), 40 console (si parte dal vecchio Pong dell'Atari e si arriva ai giorni
nostri), una cinquantina di console palmari di ogni epoca. Alle pareti, pannelli
che raccontano storie, cifre e curiosità delle più grandi software house
mondiali, video interviste e trailer di giochi in anteprima. In più,
nell'ultima stanza, spazi per giocare con le console più recenti: Dreamcast,
Playstation, Playstation2 (compresa una postazione con volante e fusoliera),
Xbox e Gamecube.
Non manca nulla in Play. Tutti gli eventi importanti della storia dei
videogiochi sono documentati. E' un percorso tra pareti nere e luci basse come
le vecchie e gloriose sale giochi degli anni Ottanta. Si comincia con le prime
console e i primi giochi. La proiezione sui muri di Pong e Space
invaders e le teche basse con gli embrioni delle macchine da collegare alla
televisione danno un tuffo al cuore. Tutti le abbiamo viste, molte le abbiamo
invidiate agli amici, per alcune abbiamo fatto impazzire i genitori a Natale.
Ma al di là del lato affettivo, procedendo nel percorso, si scoprono chicche e
curiosità che probabilmente un giorno avranno la stessa importanza delle
piccole storie che hanno fatto grande il cinema o la musica. Come il famoso Breakout,
la pallina che deve abbattere un muro di mattoncini colorati creato da Steve
Jobs, allora signor nessuno e oggi numero uno di Apple. O le console dell'Atari,
società fondata nel '72 da Nolan K. Bushnell con 500 dollari e rivenduta alla
Warner pochi anni dopo per 28 milioni.
O le carte da gioco della Nintendo che questo faceva dal 1899, prima di
diventare il colosso che oggi tutti conoscono grazie a un genio di nome Sigero
Miyamoto che inventò lo scimmione più famoso del mondo dopo King Kong, Donkey
Kong e il coraggioso idraulico Mario. Oppure la storia di Pac-man che
prese la sua forma per un'illuminazione di Toru Iwatani studente del college nel
1977. L'idea della piccola palla gialla gli venne in mente mentre stava
mangiando una pizza e ne aveva appena tagliata un quarto.
E che dire della storia del più grande flop di tutti i tempi, fedelmente
riportata nella mostra. Anno 1981, Spielberg manda nelle sale uno dei suoi
capolavori, ET. L'Atari si accaparra i diritti e sforna decine di milioni di
cassette. Il gioco è brutto, nessuno lo compra. Narra la leggenda che gli
uomini dell'Atari abbiano seppellito tutte le cassette invendute nel deserto del
Nevada vicino alla zona chiamata Area 51, famosa per i presunti avvistamenti di
Ufo. Fatto sta che qualcuno le sta ancora cercando.
Una storia romantica, quella dei videogiochi, come tutte le storie
pionieristiche. Fatta di intuizioni geniali e grandi fallimenti. Come la storia
di Commodore che con il computer Amiga rivoluzionò il modo di fare giochi
immettendo sul mercato la libertà che derivava dall'assenza di diritti e
royalities da pagare. Una storia che cominciò con la società fondata nel '55
da Jack Tramiel, ebreo polacco scampato ad Auschwitz e durò ininterrotta fino
agli anni Novanta. Esposta c'è anche la famosa Commodore Cdtv, la prima console
che sarebbe dovuta diventare non solo uno strumento per giocare, ma una
centralina di intrattenimento multifunzionale. Fallì, era il '94. Oggi, se
parlate con i responsabili di Xbox e Playstation2 vi diranno che la filosofia è
esattamente quella intuizione di dieci anni fa.
Insomma, Play è un viaggio attraverso percorsi noti e meno noti: ci sono
macchine che in Italia non sono mai arrivate e altre, rarissime, raccolte
attraverso annunci su Internet grazie a maniacali collezionisti privati. Ci sono
settori dedicati a come il cinema abbia influenzato i videogiochi e viceversa,
alla musica, ai video che spiegano come funziona il motion capture. Ci sono
luci, suoni, colori, adrenalina, polemiche sui diritti di primogenitura di
titoli diventati immortali. C'è Lara Croft insieme a Tetris, l'orrore di
Resident Evil insieme a quello di Doom, Final Fantasy e i Pokémon. C'è un
sacco di storia tra le parole "Player One Ready" e "Game
Over".
PLAY. IL MONDO DEI VIDEOGIOCHI
(Dal 24 aprile al 10 luglio 2002)
Palazzo delle esposizioni
via Nazionale 164
Roma
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 21, chiusura il martedì, la
biglietteria chiude alle 20,15.
Ingresso: 7,75 euro, ridotto 5,16
Informazioni: 06 48941230
(23 aprile 2002)